A dimostrare che una mela al giorno può davvero togliere il medico di torno un team di ricercatori italiani della Fondazione Edmund Mach dell'Istituto agrario di San Michele all'Adige, in collaborazione con i colleghi del Consiglio per la ricerca in Agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA), nonché dell’Università di Trento.
Numerose ricerche condotte sia da università sia da enti italiani hanno dimostrato, infatti, che alcune sostanze contenute nella buccia e nella polpa della frutta, chiamate polifenoli, sono elaborati dal nostro microbiota intestinale e trasformati in sostanze altamente protettive per il nostro organismo. Gli scienziati italiani si sono concentrati sul “percorso” che le sostanze nutritive compiono all'interno del nostro corpo, analizzando ben 110 polifenoli contenuti nella buccia e nella polpa delle mele.
I polifenoli, antiossidanti naturali presenti negli organismi vegetali, una volta introdotti sono modificati dai batteri intestinali che ne ‘attivano’ le proprietà antiinfiammatorie, antitumorali e anti-diabetiche. L'azione di questi batteri intestinali è fondamentale poiché nessuno di questi polifenoli viene ritrovato nel nostro corpo nel suo stato originario, ovvero così com'era nel frutto, ma sono tutti trasformati in altri composti dagli effetti protettivi e benefici. I ricercatori hanno infatti potuto appurare che mentre il 40% di queste sostanze originava dai processi metabolici umani, il restante 60% richiedeva l'azione dei batteri intestinali per poter entrare in circolo.
“La quantità e la persistenza di ognuna di queste molecole nel corpo – spiegano i ricercatori – è risultata molto variabile tra un individuo e l'altro non solo a causa di differenze genetiche, ma anche a causa di differenze nella composizione del microbiota intestinale”.
Alcuni antiossidanti presenti nella frutta aiutano anche a prevenire le malattie legate all’invecchiamento cellulare come il morbo di Parkinson e l’Alzheimer. Sempre gli studiosi della Fondazione Mach, nei laboratori di metabolomica di San Michele all’Adige, hanno studiato in particolare l’effetto dell’acido gallico, presente nel vino e nei piccoli frutti, dimostrando come esso si depositi in quantità significative proprio nel cervello.
I risultati di questi progetti di ricerca sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista dell’American Chemical Society, “ACS Chemical Neuroscience” e in un altro studio sulla rivista scientifica specializzata Food Research International.
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